TI ADORO SIGNORE GESU' MIA UNICA SPERANZA
 
SOLO GESU' SALVA

 
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Opera 7

Ultimo Aggiornamento: 16/02/2009 13:56
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11/02/2009 22:59
 
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Poema  7




                              

TRILUSSA

DISPIACERI AMOROSI

 

Lei, quanno lui je disse: -- Sai? te pianto..
-- s'intese gelà er sangue ne le vene.
Povera fija! fece tante scene,
poi se buttò sul letto e sbottò un pianto.

-- Ah! -- diceva -- je vojo troppo bene!
Io che j'avrebbe dato tutto quanto!
Ma c'ho fatto che devo soffrì tanto?
No, nun posso arisiste a tante pene!

O lui o gnisuno!. -- E lì, tutto in un botto,
scense dar letto e, matta dar dolore,
corse a la loggia e se buttò de sotto.

Cascò de peso, longa, in mezzo ar vicolo...
E mò s'è innammorata der dottore
perché l'ha messa fòri de pericolo!

                                                                                        

                                                                                                          
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 Poema  8












                               



TRILUSSA
 

Er carattere

Un Rospo uscì dar fosso
e se la prese còr Camaleonte:
- Tu - ciai le tinte sempre pronte:
quanti colori che t'ho visto addosso!
L'hai ripassati tutti! Er bianco, er nero,
er giallo, er verde, er rosso...
Ma che diavolo ciai drent'ar pensiero?
Pari l'arcobbaleno! Nun c'è giorno
che nun cambi d'idea,
e dài la tintarella a la livrea
adatta a le cose che ciai intorno.
Io, invece, èccheme qua! So' sempre griggio
perchè so' nato e vivo in mezzo ar fango,
ma nun perdo er prestiggio.
Forse farò ribrezzo,
ma so' tutto d'un pezzo e ce rimango!
- Ognuno crede a le raggioni sue:
- disse er Camaleonte - come fai?
Io cambio sempre e tu nun cambi mai:
credo che se sbajamo tutt'e due

Roma nun fa la stupida stasera - Claudio Villa


                                                                                    

                                                                                                              

[Modificato da Modry 16/02/2009 13:53]
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  Poema  9



                               

TRILUSSA 

ER CECO

I

Su l'archetto ar cantone de la piazza,
ar posto der lampione che c'è adesso,
ce stava un Cristo e un Angelo de gesso
che reggeva un lumino in una tazza.

Più c'era un quadro, indove una regazza
veniva libberata da un'ossesso:
ricordo d'un miracolo successo,
sbiadito da la pioggia e da la guazza.

Ma una bella matina er propietario
levò l'archetto e tutto quer che c'era,
pe' dallo a Spizzichino l'antiquario.

Er Cristo agnede in Francia, e l'Angeletto
lo prese una signora forestiera
che ce guarnì la cammera da letto.

II

E adesso l'Angeletto fa er gaudente
in una bella cammeretta rosa,
sculetta e ride nella stessa posa
coll'ale aperte, spensieratamente.

Nun vede più la gente bisognosa
che je passava avanti anticamente,
dar vecchio stroppio ar povero pezzente
che je chiedeva sempre quarche cosa!

Nemmanco j'aritorna a la memoria
quer ceco c'ogni giorno, a la stess'ora,
je recitava la giaculatoria:

nemmeno quello! L'Angeletto antico
adesso regge er lume a la signora
e assiste a certe cose che nun dico!

III

Er ceco camminava accosto ar muro
pe' nun pijà de petto a le persone,
cercanno co' la punta der bastone
ch'er passo fusse libbero e sicuro.

Nun ce vedeva, poveraccio, eppuro,
quanno sentiva de svortà er cantone
ciancicava la solita orazzione
coll'occhi smorti in quell'archetto scuro.

Perchè, s'aricordava, da cratura
la madre je diceva: -- Lì c'è un Cristo,
preghelo sempre e nun avè paura...

E lui, ne li momenti de bisogno,
lo rivedeva, senza avello visto,
come una cosa che riluce in sogno...

IV


Da cinque mesi, ar posto der lumino
che s'accenneva pe' l'avemmaria,
cianno schiaffato un lume d'osteria
cor trasparente che c'è scritto: Vino.

Ma er ceco crede sempre che ce sia
er Cristo, l'Angeletto e l'artarino,
e ner passà se ferma, fa un inchino,
recita un paternostro e rivà via...

L'ostessa, che spessissimo ce ride,
je vorebbe avvisà che nun c'è gnente,
ma quanno è ar dunque nun se sa decide.

-- In fonno, -- pensa -- quann'un omo prega
Iddio lo pò sentì direttamente
senza guardà la mostra de bottega.

Roma nun fa la stupida stasera - Claudio Villa


                                                                                               

                                                                                                             
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TRILUSSA 
(Roma 1871 - 1950)

Tanto pè cantà - Nino Manfredi

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