00 28/02/2010 19:05
UNO STRANO ELOGIO



Il padrone di questo fattore infedele e disonesto, lo elogia: "E il padrone lodò il fattore disonesto perché aveva agito con avvedutezza" (Luca 16:8).
Com'è possibile elogiare un tale servo? La Bibbia condanna il furto, basti pensare che nel decalogo è scritto: "Non rubare". Addirittura era previsto che chi avesse rubato, restituisse cinque volte tanto: "Il Signore parlò a Mosè e disse: "Quando uno peccherà e commetterà un'infedeltà verso il Signore, negando al suo prossimo un deposito da lui ricevuto, o un pegno messo nelle sue mani, o una cosa che ha rubato o estorto con frode al prossimo, o una cosa smarrita che ha trovata, e mentendo a questo proposito e giurando il falso circa una delle cose nelle quali l'uomo può peccare, quando avrà così peccato e si sarà reso colpevole, restituirà la cosa rubata o estorta con frode, o il deposito che gli era stato affidato, o l'oggetto smarrito che ha trovato, o qualunque cosa circa la quale abbia giurato il falso. Farà la restituzione per intero e vi aggiungerà un quinto in più, consegnando ciò al proprietario il giorno stesso in cui offrirà il suo sacrificio per la colpa" (Levitico 6:1-5).
La stessa cosa, ricorderete, caratterizzò la vita di Zaccheo che si disse pronto e disposto a restituire cinque volte quello che aveva rubato. Com'è possibile ricevere dunque un elogio? Questa parabola è stata da taluni travisata nel suo pensiero, che vi hanno letto la compiacenza di Gesù verso la disonestà e la frode. È importante a tal proposito distinguere tra esempio, che presenta dei modelli da imitare, e parabola, che mira ad illustrare un insegnamento. La parabola non è esempio di moralità, ma lo è la Scrittura, per cui l'agire di questo amministratore infedele non costituisce termine di confronto. Con questa parabola il Signore Gesù non elogia la disonestà, ma l'accortezza e la rapidità della decisione. Il fattore infedele è lodato solo per la sua avvedutezza e non per la sua disonestà. Visionando i registri contabili, il padrone si è reso conto non solo dell'irregolarità, ma anche dell'ultimo imbroglio. Se prima l'amministratore aveva dissipati i beni, ora li ha rubati deliberatamente ed il padrone non ne è certo contento. Quel fattore ha truffato palesemente il suo signore ed ha messo a suo carico il proprio futuro sostentamento. È questa un'infedeltà ancora più grave di cui si è reso colpevole. Certamente quell'amministratore è licenziato, non avrà più il suo lavoro, ma nel mandarlo via il suo padrone ne riconosce l'accortezza, l'avvedutezza, la previdenza. Egli non può fare a meno di ammirare l'audacia e la risolutezza del suo fattore disonesto, capace di giocarsi il tutto per tutto per garantirsi il futuro.

UNA LEZIONE PER NOI

La parabola non ci dice se il piano dell'amministratore abbia avuto il risultato sperato. Infatti, essa non mira ad evidenziare l'infedeltà del fattore, ma solo il suo gesto, proprio di un uomo senza scrupoli. Questi, dopo avere abusato dei beni, ora inganna il suo padrone con un ultimo raggiro. È un gesto che gli salva la vita. Un gesto da comprendere e non da giustificare. Con rapidità egli esamina le possibili soluzioni e con una decisione scaltra ed efficace si prepara il futuro. Quell'amministratore infedele ha afferrato a volo l'unica via di scampo. Quel fattore aveva agito usando quanto aveva nelle mani, guardando al futuro prima che sarebbe stato troppo tardi. La lezione per la nostra vita, la traiamo dalle stesse parole di Gesù: "E il padrone lodò il fattore disonesto perché aveva agito con avvedutezza; poiché i figli di questo mondo, nelle relazioni con quelli della loro generazione, sono più avveduti dei figli della luce" (Luca 16:8).
Io credo che questo sia il cuore della parabola stessa: "I figli delle tenebre, sono più avveduti dei figli della luce". Vale a dire che i figli delle tenebre, non si fanno sfuggire l'occasione per raggiungere in ogni modo e maniera, talvolta anche disonesta, come questo fattore, i loro obiettivi. I figli delle tenebre si preoccupano del loro presente e del loro futuro, come fece il fattore infedele. Molto spesso i figli delle tenebre, sono coscienti del poco tempo che è loro rimasto e giocano tutte le carte a loro disposizione. Il mondo ammira la loro scaltrezza. Un esempio nella Bibbia è Absalom: "Dopo queste cose, Absalom si procurò un cocchio, dei cavalli, e cinquanta uomini che correvano davanti a lui. Absalom si alzava la mattina presto e si metteva da un lato della via che conduceva alle porte della città; quando qualcuno aveva un processo e si recava dal re per chiedere giustizia, Absalom lo chiamava e gli chiedeva: "Di quale città sei?" L'altro gli rispondeva: "Il tuo servo è di tale e tale tribù d'Israele". Allora Absalom gli diceva: "Vedi, la tua causa è buona e giusta, ma non c'è chi sia delegato dal re per sentirti". Poi Absalom aggiungeva: "Oh, se facessero me giudice del paese! Chiunque avesse un litigio o reclamo verrebbe da me e io gli farei giustizia". Quando uno gli si avvicinava per prostrarsi davanti a lui, egli gli porgeva la mano, l'abbracciava e lo baciava. Absalom faceva così con tutti gli Israeliti che venivano dal re per chiedere giustizia; in questo modo Absalom conquistò il cuore della gente d'Israele" (2Samuele 15:1-6).
Absalom giocò le sue carte, fu molto più avveduto del re Davide e gli tolse il trono con un golpe. I figli di questo secolo hanno una tale determinazione ed avvedutezza, che manca nei "figli della luce" quanto agli aspetti della vita spirituale. Insomma essi dimostrano più accortezza nella ricerca dei beni mondani, di quanto non ne hanno i credenti nella ricerca di quelli spirituali. I "figli della luce" spesso manifestano indolenza nel perseguire i beni spirituali, mentre i "figli di questo secolo" dimostrano diligenza quanto ai loro interessi materiali. Non è quindi assolutamente vero che i non credenti sono più accorti dei credenti, ma a volte i primi agiscono con tale accortezza, impegno e rapidità, che non hanno gli altri nella loro relazione spirituale. Molto spesso siamo lenti ad uniformarci alla verità di Dio e a realizzare le promesse di Dio. Come sono vere le parole di Gesù: "Dai giorni di Giovanni il battista fino a ora, il regno dei cieli è preso a forza e i violenti se ne impadroniscono" (Matteo 11:12).
I credenti devono essere decisi nel campo spirituale, quanto lo sono i "figli di questo secolo". Anche nei nostri rapporti fraterni, dobbiamo essere coalizzati nel bene come lo furono nel male, il fattore con i debitori. Infine, come i figli di questo secolo si preoccupano del loro futuro, allo stesso modo dobbiamo preoccuparci ed adoperarci per la nostra eternità. La parabola della mina, ci ricorda di quanto dobbiamo essere operosi in attesa del ritorno del nostro padrone: "Quando egli fu tornato, dopo aver ricevuto l'investitura del regno, fece venire quei servi ai quali aveva consegnato il denaro, per sapere quanto ognuno avesse guadagnato mettendolo a frutto. Si presentò il primo e disse: "Signore, la tua mina ne ha fruttate altre dieci". Il re gli disse: "Va bene, servo buono; poiché sei stato fedele nelle minime cose, abbi potere su dieci città". Poi venne il secondo, dicendo: "La tua mina, Signore, ha fruttato cinque mine". Egli disse anche a questo: "E tu sii a capo di cinque città". Poi ne venne un altro che disse: "Signore, ecco la tua mina che ho tenuta nascosta in un fazzoletto, perché ho avuto paura di te che sei uomo duro; tu prendi quello che non hai depositato, e mieti quello che non hai seminato". Il re gli disse: "Dalle tue parole ti giudicherò, servo malvagio! Tu sapevi che io sono un uomo duro, che prendo quello che non ho depositato e mieto quello che non ho seminato; perché non hai messo il mio denaro in banca, e io, al mio ritorno, lo avrei riscosso con l'interesse?" Poi disse a coloro che erano presenti: "Toglietegli la mina e datela a colui che ha dieci mine". Essi gli dissero: "Signore, egli ha dieci mine!" "Io vi dico che a chiunque ha sarà dato; ma a chi non ha sarà tolto anche quello che ha" (Luca 19:15-26).
Se ci guardiamo attorno, scopriamo uomini, anche membri di strane sette, "darci esempio" di diligenza, buon senso, zelo ed avvedutezza. Come abbiamo detto in precedenza, la parabola termina con un invito alla fedeltà, preceduto da un altro invito che Gesù fa ai discepoli ed anche a noi: "E io vi dico: fatevi degli amici con le ricchezze ingiuste; perché quando esse verranno a mancare, quelli vi ricevano nelle dimore eterne" (Luca 16:9).
Cerchiamo di spiegare questo versetto ritornando al comportamento del fattore infedele. Egli aveva delle ricchezze che non erano sue, allo stesso modo il credente ha ricevuto da Dio per grazia delle ricchezze spirituali. Il fattore infedele, in quanto tale, non ne fece un buon uso, anzi con queste corruppe i debitori facendoseli amici. A differenza del fattore infedele che lo fece disonestamente, prendendo quello che non era suo per beneficiare i suoi amici, i credenti lo possono fare onestamente e liberamente dato che il Signore ha dato loro ricchezze e dignità non per fare tesoro a se stessi, ma per spenderli a beneficio degli altri e per guadagnare i loro cuori a Cristo: "L'orecchio che mi udiva mi diceva beato; l'occhio che mi vedeva mi rendeva testimonianza, perché salvavo il misero che gridava aiuto e l'orfano che non aveva chi lo soccorresse. Scendeva su di me la benedizione di chi stava per perire, facevo esultare il cuore della vedova. La giustizia era il mio vestito e io il suo; la rettitudine era come il mio mantello e il mio turbante. Ero l'occhio del cieco, il piede dello zoppo; ero il padre dei poveri, studiavo a fondo la causa dello sconosciuto" (Giobbe 29:11-16).
Dio ci ha dato dei beni che non meritiamo (ricchezze ingiuste): mettiamoli a disposizione dei nostri amici, affinché quello che semiamo nei loro cuori possa produrre in loro la salvezza ed un giorno poterli ritrovarli nel cielo.

CONCLUSIONE
Quante volte la Bibbia, attraverso esempi negativi, ci fornisce delle basilari lezioni spirituali. Soffermando la nostra attenzione sul fattore infedele, abbiamo imparato quanto è importante amministrare i beni che abbiamo ricevuto dal Signore in modo oculato. Non dobbiamo essere oziosi, superficiali e negligenti, ma impegnati pienamente per l'opera di Dio: "Tutto quello che la tua mano trova da fare, fallo con tutte le tue forze; poiché nel soggiorno dei morti dove vai, non c'è più né lavoro, né pensiero, né scienza, né saggezza" (Ecclesiaste 9:10).
Se amiamo veramente il Signore dobbiamo impegnarci a fondo per portare frutto alla Sua gloria e fare del bene a quanti oggi sono ancora debitori: "Come buoni amministratori della svariata grazia di Dio, ciascuno, secondo il dono che ha ricevuto, lo metta a servizio degli altri" (1Pietro 4:10).