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Giovanni Paolo ii - Beato agli occhi di Dio?

Ultimo Aggiornamento: 22/05/2011 17:52
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22/05/2011 17:43
 
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Caro amico, cara amica,

quando il Papa Giovanni Paolo II era in vita, aveva viaggiato per molte diverse nazioni del mondo ottenendo grande adulazione e venerazione. Dalla sua morte nel 2005, egli ha continuato ad essere così adorato in tutto il mondo tanto da spingere ora le autorità del Cattolicesimo romano ad elevarlo ufficialmente “all'onore degli altari” affinché gli sia resa devozione religiosa1. Dal 1 maggio 2011, la data della sua canonizzazione, i fedeli sono istruiti, così, non soltanto a mostrargli venerazione religiosa, ma sono anche esortati a rivolgere a lui le loro preghiere. È così per noi della massima importanza rispondere alla seguente domanda: Giovanni Paolo II può essere considerato particolarmente “beato” agli occhi di Dio? Si tratta di una domanda rilevante perché c'è in gioco nulla di meno che la salvezza dell'anima. Di fatto, rendere culto e rivolgere le proprie preghiere ad un essere umano e per lo più deceduto, nega le verità bibliche fondamentali dell'Evangelo. In questo saggio, così, documenteremo attentamente dai suoi documenti ufficiali ciò che il Vaticano vorrebbe che i suoi fedeli credessero al riguardo del suo ultimo Papa.

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Delineeremo poi esattamente ciò che i cristiani fedeli all'insegnamento biblico sono chiamati a rispondere a quanto sarà pure spettacolarmente propagato da giornali, radio, TV ed internet. Vi preghiamo così di mobilitarvi, in spirito di preghiera, per inoltrare questo saggio ad altri. Vi chiediamo poi, se possibile, di inserirlo nel vostro sito web o blog affinché abbia la massima diffusione. Se desiderate ricevere una copia di questo testo in formato Word, non esitate a scriverci all'indirizzo di E-Mail rbennett@stic.net.

Vostro in Gesù Cristo e per il Suo Evangelo

Richard Bennett


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Giovanni Paolo II: Beato agli occhi di Dio?
di Richard Bennett


La beatificazione di Giovanni Paolo II da parte di Benedetto XVI in 1 maggio 2011 è stata definita dal direttore del quotidiano vaticano L'Osservatore romano2. “un evento storico senza precedenti” Il Decreto di Beatificazione di Giovanni Paolo II afferma:

La proclamazione di un santo o di un beato da parte della Chiesa è il frutto dell'unione di vari aspetti relativi a una persona specifica. In primo luogo, è un atto che afferma qualcosa di importante nella vita della Chiesa stessa. E' legato a un “culto”, ad esempio nei confronti della memoria della persona, al suo pieno riconoscimento nella coscienza della comunità ecclesiale, del Paese, della Chiesa universale in vari Paesi, continenti e culture. Un altro aspetto è la consapevolezza del fatto che la “presentazione sugli altari” sarà un importante segno della profondità della fede, della diffusione della fede nel percorso di vita di quella persona, e che questo segno diventerà un invito, uno stimolo per tutti noi a una vita cristiana sempre più piena e profonda. La condicio sine qua non, infine, è la santità della vita della persona, verificata durante le precise e formali procedure canoniche. Tutto ciò fornisce il materiale per la decisione del Successore di Pietro, del Papa, in vista della proclamazione di un beato o di un santo, del culto nel contesto della comunità ecclesiale e della sua liturgia3.

Indubbiamente vi è stata e rimane una grande e generale ammirazione per la vita e per le realizzazioni di Giovanni Paolo II. Nei termini della popolarità, è difficile trovarne di uguale nella storia moderna. Ora il mondo cattolico lo proclama ufficialmente “beato” e molti convengono che si tratti di un “atto dovuto”. Hanno ragione? Davvero Giovanni Paolo II può essere considerato “beato” agli occhi di Dio? La “santità” che si dice gli appartenga è in linea con ciò che insegnano le Sacre Scritture?

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Un metro oggettivo per misurare la santità di Giovanni Paolo II

È il Signore Gesù stesso ad evidenziare la verità scritturale al riguardo del fondamento della santità: “Se uno mi ama, osserverà la mia parola”4. Di conseguenza, è responsabilità di colui o colei che afferma d'essere discepolo di Cristo quello di osservare la Sua Parola. Di fatto, l'autentico segno che contraddistingue la santità è stimare la Parola di Dio come sommamente degna di fiducia ed ubbidire ad essa. La Scrittura, nell'esprimere il sentimento e la volontà di Dio al riguardo, afferma: “Ecco su chi io poserò lo sguardo: su colui che è umile, che ha lo spirito afflitto e trema alla mia parola” (Isaia 66:2).

Giovanni Paolo II aveva rispetto assoluto per le Scritture? No, era vero l'esatto opposto. Nel suo ruolo di Papa egli pubblica il Catechismo della Chiesa Cattolica, il primo catechismo universale della Chiesa Cattolica dopo molti secoli. In esso egli decreta quanto segue:

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“Accade così che la Chiesa, alla quale è affidata la trasmissione e l'interpretazione della Rivelazione, attinga la sua certezza su tutte le cose rivelate non dalla sola Sacra Scrittura. Perciò l'una e l'altra devono essere accettate e venerate con pari sentimento di pietà e di rispetto”5.

In questo insegnamento Giovanni Paolo II mette sullo stesso piano Scrittura e la tradizione della Chiesa cattolica come se fossero autorità equivalenti, anzi, la tradizione vi assume di fatto maggiore importanza! Gesù Cristo rimproverava spesso i Farisei perché, allo stesso modo, ponevano la loro tradizione al pari con la Scrittura. Cristo li condannava perché cercavano di corrompere la base stessa della verità equiparando le loro tradizioni con la Scrittura6. Giovanni Paolo II ha commesso lo stesso errore e cade così sotto la stessa condanna. Il Signore Gesù mostra chiaramente come la Parola scritta di Dio sia la sola base della verità. Egli proclamava: “Santificali nella verità: la tua parola è verità“7. Ecco perché Egli comanda che nulla sia aggiunto ad essa né che ad essa si sottragga qualcosa. Di conseguenza, le Sacre Scritture soltanto è il criterio che il cristiano può e deve usare per stabilire che cosa sia verità. Giovanni Paolo II cercava di corrompere questa base assoluta di verità che Dio stesso ha posto e deve perciò essere considerato un maestro di menzogne.

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22/05/2011 17:45
 
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Ciò che si edifica su un falso fondamento non regge

È soltanto edificando su un falso fondamento che è possibile, come Papa, affermare di essere dotato dell'attributo divino dell'infallibilità. Giovanni Paolo II affermava pubblicamente:

“Di questa infallibilità il romano Pontefice, capo del collegio dei vescovi, fruisce in virtù del suo ufficio, quando, quale supremo pastore e dottore di tutti i fedeli, che conferma nella fede i suoi fratelli, proclama con un atto definitivo una dottrina riguardante la fede o la morale. . . L'infallibilità promessa alla Chiesa risiede pure nel corpo episcopale, quando questi esercita il supremo Magistero col successore di Pietro soprattutto in un Concilio Ecumenico. Quando la Chiesa, mediante il suo Magistero supremo, propone qualche cosa “da credere come rivelato da Dio” e come insegnamento di Cristo, “a tali definizioni si deve aderire con l'ossequio della fede". Tale infallibilità abbraccia l'intero deposito della Rivelazione divina”8 .

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La pretesa del Papa di avere “autorità infallibile di insegnamento” è un attributo di Dio e questo prova inequivocabilmente come egli ricada nella categoria dei falsi dottori (maestri), Questo pure presuppone come egli si consideri divinamente ispirato9..

In aggiunta a questa inqualificabile arroganza, nel suo Catechismo egli proclama:

“Il Papa è per divina istituzione rivestito di un potere supremo, pieno, immediato e universale per il bene delle anime”10 .

In questa affermazione il Papa arroga a sé stesso il potere dato soltanto al Signore Gesù Cristo. In questo modo egli dimostra attivamente da questo fondamento corrotto come egli non solo disperatamente ingannasse sé stesso, ma anche come egli abbia propagato questi stessi inganni nel mondo intero. Le sue stesse pretese mostrano non solo come egli non possedesse alcuna santità di fronte all'Iddio santissimo, ma come, dal suo stesso Catechismo, egli avesse avuto pure una sconfinata arroganza.

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22/05/2011 17:45
 
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Nonostante tutto questo, il mondo cattolico desidera manifestargli venerazione religiosa o culto. Il titolo che riceve nella sua “beatificazione”, cioè “beato” gli permette così di essere pubblicamente venerato, Molta gente, soprattutto in Polonia, già lo onorava privatamente in questo modo prima della sua “ufficializzazione” e la mossa del Vaticano ora lo proclama apertamente. Sì, molti che erano stati disposti a “venerare” o rendere culto a Giovanni Paolo II vedono ora approvata ed insegnata ufficialmente questa loro pratica dallo stesso Papato come cosa moralmente accettabile.

L'incoraggiamento di un antico peccato

Questo recente punto di ingresso nella negromanzia11 assicura che gli inganni insegnati da Giovanni Paolo II continuino a portare i loro effetti venefici. Di fatto, ufficialmente, nel suo Catechismo, egli incoraggi il contatto con i morti. Affermazione esagerata? No, il Catechismo afferma:

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22/05/2011 17:46
 
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“La comunione con i defunti. “La Chiesa di quelli che sono in cammino, riconoscendo benissimo questa comunione di tutto il corpo mistico di Gesù Cristo, fino dai primi tempi della religione cristiana ha coltivato con una grande pietà la memoria dei defunti e, poiché "santo e salutare è il pensiero di pregare per i defunti perché siano assolti dai peccati" (⇒ 2Mac 12,45), ha offerto per loro anche i suoi suffragi”. La nostra preghiera per loro può non solo aiutarli, ma anche rendere efficace la loro intercessione in nostro favore” (…) I testimoni che ci hanno preceduto nel Regno, specialmente coloro che la Chiesa riconosce come “santi”, partecipano alla tradizione vivente della preghiera, mediante l'esempio della loro vita, la trasmissione dei loro scritti e la loro preghiera oggi. Essi contemplano Dio, lo lodano e non cessano di prendersi cura di coloro che hanno lasciato sulla terra. Entrando nella “gioia” del loro Signore, essi sono stati stabiliti “su molto”12 .

Questa presunta “comunione con i defunti” e deificazione dei morti (“particolarmente meritevoli”) ha sempre avuto un ruolo prominente quasi in ogni sistema di paganesimo. Vengono infatti consultati i morti per dare aiuto ai viventi: è il fascino seducente dell'occulto. La pratica di comunicare con gli spiriti dei defunti è però peccaminosa, dato che la Parola del Signore lo proibisce: “Non si trovi in mezzo a te chi fa passare suo figlio o sua figlia per il fuoco, né chi esercita la divinazione, né astrologo, né chi predice il futuro, né mago, né incantatore, né chi consulta gli spiriti, né chi dice la fortuna, né negromante”1
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22/05/2011 17:46
 
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L'insegnamento di Giovanni Paolo II sulla comunione con i morti è molto simile a quella che troviamo nelle pagine dell'occultismo. La preghiera è una componente del culto rivolto a Dio. Il Signore Gesù Cristo comanda che la comunicazione nel culto sia rivolta a Dio soltanto: “Allora Gesù gli disse: «Vattene, Satana, poiché sta scritto: "Adora il Signore Dio tuo e a lui solo rendi il culto"»14.. Il Suo comando che la comunicazione nel culto sia dovuta a Dio soltanto e giammai ad una creatura è del tutto esplicita: “Io sono il SIGNORE, il tuo Dio, che ti ho fatto uscire dal paese d'Egitto, dalla casa di schiavitù. Non avere altri dèi oltre a me”15.

Giovanni Paolo II non solo riconosceva ed approvava la “comunione con i defunti”, ma ha creato egli stesso sempre di più personaggi da essere contattati, e con grande sollecitudine. Un commento giornalistico osserva come Giovanni Paolo II abbia creato santi e beatificato persone più di tutti gli altri papi messi assieme. Ha infatti consacrato come santi 477 uomini e donne e beatificato 1318 altri lanciandoli in orbita, per così dire, in vista della loro finale elevazione al panteon celeste dei santi cristiani16.

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Scambio di meriti fra i credenti ed i “santi”

Durante la sua vita, nel suo insegnamento, Giovanni Paolo II ha pure precisato, al riguardo dei morti, come vi sia uno sorta di “scambio di santità” in espiazione dei peccati, condivisa persino con i defunti del purgatorio. Nel suo Catechismo egli afferma ufficialmente:

“Nella comunione dei santi “tra i fedeli, che già hanno raggiunto la patria celeste o che stanno espiando le loro colpe nel Purgatorio, o che ancora sono pellegrini sulla terra, esiste certamente un vincolo perenne di carità ed un abbondante scambio di tutti i beni”. In questo ammirabile scambio, la santità dell'uno giova agli altri, ben al di là del danno che il peccato dell'uno ha potuto causare agli altri. In tal modo, il ricorso alla comunione dei santi permette al peccatore contrito di essere in più breve tempo e più efficacemente purificato dalle pene del peccato.”17.
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Qui ancora Giovanni Paolo II rivela come egli non solo non possa essere considerato “beato”, ma come abbia ufficialmente insegnato dannabili eresie. Di fatto abbondante e del tutto sufficiente scambio di meriti e d'ogni cosa buona avviene in Cristo soltanto: “In lui abbiamo la redenzione mediante il suo sangue, il perdono dei peccati secondo le ricchezze della sua grazia”. Assegnare a creature umane, e per giunta morte, il ruolo posseduto solo da Cristo, è una contraddizione piuttosto seria della verità di Dio. La giustizia di Dio, accreditata al credente a spese di Cristo, riempie il credente di meraviglia, gioia e gratitudine a lode e gloria dell'Iddio santo – è Lui stesso, infatti, che ha provveduto in Cristo tutto quanto ci serve, quell'opera completa della giustificazione del credente da ogni peccato. Di fronte a questa incontestabile verità biblica, dire che la giustizia di altri diversi da Cristo possa esserci in qualche modo imputata è assurdo ed irragionevole. Gesù Cristo stesso disse: “In verità, in verità vi dico che chi non entra per la porta nell'ovile delle pecore, ma vi sale da un'altra parte, è un ladro e un briganti”18.
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22/05/2011 17:47
 
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Asserire che vi possa essere uno scambio di meriti fra un credente ed un “santo” morto è un palese affronto alla verità biblica che solo Dio può giustificare il peccatore. Giovanni Paolo II ha grandemente contribuito ad allargare la lista di idoli cattolici ufficialmente accettabili, Dare gloria, onore e comunione in preghiera, quella che solo a Dio è dovuta, a spiriti di creature umane decedute significa, e soprattutto per il Papa che lo promuove, peccare in modo flagrante contro il Signore Iddio ed il Suo primo comandamento, per quanti sofismi si possano addurre per tentare di giustificarlo. Questa proibizione include il riconoscimento che soltanto Lui è Dio e che quindi in preghiera noi rendiamo culto a Lui soltanto. Dio non condivide le Sue prerogative con nessun altro e dirige solo su Lui ogni nostra possibile devozione.

Giovanni Paolo II, che praticava e cordialmente incoraggiava l'idolatria, riceve così egli stesso ufficialmente il proprio posto fra gli idoli del Cattolicesimo. Il Papa rifiuta di vedere il fatto del terribile ed immutabile giudizio che attende ogni persona che abbracci tali pratiche proibite. Per i credenti fondati nell'insegnamento biblico, questa sobria considerazione dovrebbe far considerare la beatificazione di Giovanni Paolo II il 1 maggio 2011 come un giorno di lutto e di lamenti. È nostra preghiera rivolta verso Dio soltanto che coloro che ancora sono sedotti ed intrappolati in queste distruttive pratiche pagane possano volgersi a Gesù Cristo attraverso la proclamazione dell'autentico Evangelo.


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La fede e la prassi di Giovanni Paolo II

Come Papa, Giovanni Paolo II credeva di essere in possesso di sacramenti in grado di santificare cuori ed anime di uomini e donne. Nel Codice di Diritto Canonico, da lui riveduto e pubblicato, egli insegna che una persona nasca di nuovo, sia rigenerata, attraverso il sacramento del battesimo. Egli afferma:

“Il battesimo, porta dei sacramenti, necessario di fatto o almeno nel desiderio per la salvezza, mediante il quale gli uomini vengono liberati dai peccati, sono rigenerati come figli di Dio e, configurati a Cristo con un carattere indelebile, vengono incorporati alla Chiesa, è validamente conferito soltanto mediante il lavacro di acqua vera e con la forma verbale stabilita”19
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Poi, attraverso il sacramento della Confermazione egli afferma che avvenga un'effusione spirituale simile a quella della stessa Pentecoste. Giovanni Paolo II afferma:

“La Confermazione perfeziona la grazia battesimale; è il sacramento che dona lo Spirito Santo per radicarci più profondamente nella filiazione divina, incorporarci più saldamente a Cristo, rendere più solido il nostro legame con la Chiesa, associarci maggiormente alla sua missione e aiutarci a testimoniare la fede cristiana con la parola accompagnata dalle opere”20


Si afferma poi che sia possibile vedersi perdonati i propri peccati quando un sacerdote cattolico pronuncia su di essi le parole: “Io ti assolvo nel nome del Padre, e del Figlio e dello Spirito Santo”. Secondo le persuasioni del Cattolicesimo romano, reiterate da Giovanni Paolo II, queste parole sono così importanti che per ottenere la riconciliazione con Dio è ritenuto indispensabile confessare ad un prete i propri peccati. L'esatta affermazione che il Papa autorizza è la seguente:

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“Colui che vuole ottenere la riconciliazione con Dio e con la Chiesa, deve confessare al sacerdote tutti i peccati gravi che ancora non ha confessato e di cui si ricorda dopo aver accuratamente esaminato la propria coscienza. Sebbene non sia in sé necessaria, la confessione delle colpe veniali è tuttavia vivamente raccomandata dalla Chiesa”21.

Papa Giovanni Paolo II credeva che, attraverso le parole di consacrazione pronunciate da un sacerdote durante una messa cattolica, il pane ed il vino siano letteralmente trasformati nel corpo di Cristo – insieme alla Sua anima e divinità. Il suo insegnamento ufficiale recita quanto segue:

“Mediante la consacrazione si opera la transustanziazione del pane e del vino nel Corpo e nel Sangue di Cristo. Sotto le specie consacrate del pane e del vino, Cristo stesso, vivente e glorioso, è presente in maniera vera, reale e sostanziale, il suo Corpo e il suo Sangue, con la sua anima e la sua divinità”22

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Questo insegnamento ufficiale di Giovanni Paolo II conduce il sacerdote cattolico John O' Brien ad esprimere i suoi pensieri su come “funziona” la consacrazione del pane e del vino durante la messa in questi termini:

“Così la Beata Vergine è stata l'agente umano mediante la quale Cristo si è incarnato una volta, così il sacerdote porta Cristo giù dal cielo e lo rende presente sul nostro altare come la Vittima eterna per i peccati dell'uomo – non una volta, ma migliaia di volte! Il prete parla ed ecco: Cristo, l'Iddio eterno ed onnipotente, piena il suo capo in umile ubbidienza al comando del sacerdote”23

Un tale insegnamento eretico nega la natura stessa dell'Incarnazione. Cristo Gesù si è incarnò una volta e per sempre, e la Sua incarnazione non la si può ripetere. Se ciò che credevano Giovanni Paolo II e John O'Brien fosse vero, allora, nella stessa Messa, “Cristo” sarebbe disincarnato una volta che il comunicante abbia assorbito fisicamente gli elementi ed essi non contengano più “Cristo”. Quale orribile e blasfemo insulto è questo insegnamento perché al tempo stesso esso colpisce Cristo, la Sua sovranità ed inganna il popolo. Giovanni Paolo II affermava persino che dagli elementi della comunione fluisse una potenza. Il suo insegnamento ufficiale, infatti, afferma quanto segue:

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“Proprio per la carità che accende in noi, l'Eucaristia ci preserva in futuro dai peccati mortali. Quanto più partecipiamo alla vita di Cristo e progrediamo nella sua amicizia, tanto più ci è difficile separarci da lui con il peccato mortale. L'Eucaristia non è ordinata al perdono dei peccati mortali. Questo è proprio del sacramento della Riconciliazione. Il proprio dell'Eucaristia è invece di essere il sacramento di coloro che sono nella piena comunione della Chiesa.”24.

Di conseguenza, Giovanni Paolo II insegnava al suo popolo di guardare ad “essa” una cosa fisica, come mezzo per convogliare la grazia di Dio, cioè insegna a guardare ad una cosa fisica come se avesse potere sovrannaturale. Un tale insegnamento cade sotto l'eterna maledizione pronunciata su tutti coloro che pervertono l'Evangelo di Cristo25. Proporre di “trangugiare” la carne di Cristo è già deplorevole. Quel che insegna Giovanni Paolo II è ancora peggio. Dichiara infatti che “i preserva in futuro dai peccati mortali”. Queste parole seducenti di filosofia umana insegnano la ben nota ed antica pratica di guardare ad una sostanza fisica al fine di procurarsi vita.
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Ciò che rende questa dottrina ancora più ripugnante è che questo stesso insegnamento che parla di preservazione da seri peccati, è esso stesso un peccato blasfemo.

Le credenze e la di Giovanni Paolo II erano, di fatto, rischi spiritualmente letali. Presentava, infatti, cose fisiche come se avessero in sé stesse un potere speciale e fossero in sé necessarie per la salvezza. È così che, si ribadisce come sacramenti fisici di una chiesa siano in sé stessi strumenti per ottenere la grazia dello Spirito Santo. L'insegnamento ufficiale dichiara:

“La Chiesa afferma che per i credenti i sacramenti della Nuova Alleanza sono necessari alla salvezza. La “grazia sacramentale” è la grazia dello Spirito Santo donata da Cristo e propria di ciascun sacramento. Lo Spirito guarisce e trasforma coloro che li ricevono conformandoli al Figlio di Dio. Il frutto della vita sacramentale è che lo Spirito di adozione deifica”26
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Inculcare la dipendenza da questi sacramenti fisici invece della fede diretta nel Signore Gesù Cristo, era il progetto di Giovanni Paolo II. Esso fa deviare la fede dalla persona di Cristo verso dei rituali che si pretende abbiano un potere in sé stessi. Egli li chiama specificatamente “forze” quando afferma:

“Forze che escono” dal Corpo di Cristo, sempre vivo e vivificante, azioni dello Spirito Santo operante nel suo Corpo che è la Chiesa, i sacramenti sono i 'capolavori di Dio' nella Nuova ed Eterna Alleanza”27.

I veri cristiani vedono la potenza di Dio sgorgare dall'Evangelo:“Infatti non mi vergogno del vangelo; perché esso è potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede”28. I credenti: “sono giustificati gratuitamente per la sua grazia, mediante la redenzione che è in Cristo Gesù”29. È così che la fede e la prassi di Giovanni Paolo II non erano quelle di una persona “beata agli occhi di Dio ma, di fatto, l'esatto contrario.

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